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Decimo dono: dirmi il sacrificale da fare.
Volontà sacrificale: la terrestre mia, passiva, inimicale sul
bene inerente: l’umana autorità. Ricorso alla divina
Paterna. Autorità beneficale: supera la Figliale per precedenza
e per contenuto. Ha la sua radice nella sua sacrificalità
espropriativa piccolare. Tendenziale. Passaggio
metamorfosale. Nella sua potenzialità, la sua creatività.
Angeli, cosmo, persona. Il come dal Visuato.

Pneumatica magia quella del Visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale, ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Ci si accosta pregandolo. Quando pregate, voi
dite: Padre nostro che sei nei cieli. Preghiera sacrificale
questa, da dirci e da fare. Bene appellato e collocato. Bene
augurato e perorato. Bene attualizzato: sia fatta la tua
volontà sacrificale: la celeste e la terrestre. Vuole il sacrificale
suo celeste. Vuole pure il terrestre suo e nostro. Il
nostro attivo e passivo. Il passivo cosmico e inimicale.
Beni componenti, beni aderenti e beni inerenti mi può
sacrificare il nemico. Dalla dignità umana siamo passati
all’autorità umana. Per illuminare l’umana ci siamo rivolti
alla divina. In forma personale di Figlio scende in Gesù.
Il ricorso all’autorità divina Figliale ci ha mostrato in
Gesù un’autorità sacrificale al cui servizio si sono disposte
e la magistrale e la beneficale. Dall’autorità Figliale
siamo passati alla sua sorgente: la Paterna. Vi abbiamo
trovato l’autorità magistrale. Passiamo ora alla autorità
beneficale. Per questa autorità il Figlio fa del bene a tutti:
risana e risuscita. Se il Padre questo non lo fa personalmente,
non pensiamo che la sua autorità beneficale sia
inferiore alla Figliale. La supera immensamente (per precedenza)
sia perché precede la Figliale, come pure (per
contenuto) perché il bene fatto dal Padre è grandioso. Per
la sua autorità il Padre fa essere quello che non è. È la sua
creatività. Ha le sue radici nel talamo eternale, ove il
Padre è espropriazione, è cessione in forma personale di
Figlio, è comunione eternale di vita. Quella sua sacrificalità
espropriatrice è di tale fecondità, che con essa genera
eternamente il Figlio. Lui pone la fecondità divina del
sacrificale. Per questo è il piccolo eternale, con una fortissima
tendenzialità a conseguire l’estremo della morte dell’amore.
Per arrivare a questo, si dà una profonda metamorfosi:
da atto puro passa allo stato potenziale. Nella sua
potenzialità è la sua irradiabilità, la sua vivibilità e la sua
moribilità. Questa sua potenzialità racchiude la sua poten-
za creatrice. Non può irradiarsi in ciò che non è. Fa essere
la coppia angelica. Per essa non occorre uno spazio sensibile
perché la coppia è spirituale. Ma per far essere la
coppia umana provvede a uno spazio che gli dia accoglienza
e renda possibile la vita umana. Siamo alla creazione
del cosmo: cielo e terra. È proprio così che incomincia
la Bibbia: col libro della Genesi: ‘In principio creò il
cielo e la terra’. Non domandiamo alla Bibbia di dirci
come si è svolta la creazione, perché non lo sa e non può
saperlo perché nessuno c’era a vedere. Per cui i sei giorni
impiegati nella creazione sono una invenzione umana religiosa.
La religione ebraica volendo dare una base sicura e
divina al riposo sabbatico inventa un lavoro creativo
distribuito in sei giorni, in modo da collocare nel settimo
giorno il riposo di Dio: ‘Dio benedisse il giorno settimo e
lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni opera da
Lui fatta creando’. È facile intuire che il Padre non lavora
a giorni: i giorni si fanno nell’atto della creazione. Non fa
alcuna fatica. Non ha dunque bisogno di alcun riposo. Per
di più, Dio non consacra il giorno settimo, perché la sua
creazione non è profana, ma sacra. La Bibbia ci assicura
che il cosmo lo fa essere solamente Dio. Il potere creativo
lo detiene solamente Lui. Non domandiamole il come lo fa
essere. Solo dal Visuato ci può venire l’indicazione. Dal
Padre, che nel talamo temporale si potenzializza, tutto
avrà una forma potenziale, che è forma piccolare: quella
forma che abbiamo avuto pure noi. È sicuro che Dio crea
un concentrato sommo di potenzialità cosmiche così bene
composte, congegnate e programmate da poter parlare di
un codice genetico cosmico: il DNA cosmico. Un grande
dono all’umanità, ma pure di necessità. Nel cosmo noi
vorremmo solo la bontà delle cose e non la sacrificalità.

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