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Decimo dono rinnovato: dirmi il sacrificale da fare.
Bene attualizzato: sia fatta la tua volontà sacrificale: terrestre,
nostra, passiva, inimicale sul bene inerente della
autorità umana. Come mai quel malvagio non va corretto?
Il Levitico la comanda la correzione. Pure Gesù la
comanda e la esercita. Ma là si corregge un fedele. Qui
siamo davanti a un pagano.
Pneumatica magia quella del Visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale, ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Ci si accosta pregandolo. Quando pregate, voi
dite: Padre nostro che sei nei cieli. Preghiera sacrificale
questa, da dirci e da fare. Bene appellato e collocato. Bene
augurato e perorato. Bene attualizzato: sia fatta la tua volontà
sacrificale: la celeste e la terrestre. Vuole il sacrificale suo
celeste. Vuole pure il terrestre suo e nostro. Il nostro attivo
e passivo. Il passivo cosmico e inimicale. Beni componenti,
beni aderenti e beni inerenti mi può sacrificare il nemico.
Dalla dignità umana siamo passati all’autorità umana. Per
illuminare l’umana ci siamo rivolti alla divina. In forma
personale di Figlio scende in Gesù. La prima incontrata è la
sua autorità magistrale. Con essa fa dilatati gli antichi
comandi giusti e corregge quelli sbagliati. Corregge:
a) il ripudio della donna
b) il giuramento
c) la legge del taglione.
Non più vendetta paritaria, ma il massimo di cedevolezza
davanti al malvagio. Per di più silenziosa: porgere l’altra
guancia, cedere anche il mantello, fare due miglia, non
domandare l’interesse per un prestito, senza parola alcuna.
Come mai l’assenza completa di una più che necessaria
correzione fraterna?
1) Correzione già inculcata nel Levitico: ‘Non coverai nel
tuo cuore odio contro il tuo fratello: rimprovera apertamente
il tuo prossimo, così non ti caricherai di un peccato
per lui. Non ti vendicherai e non serberai rancore
verso i figli del tuo popolo, ma amerai il prossimo tuo
come te stesso’.
2) Gesù stesso comanda altrove la correzione fraterna: la
personale, la testimoniale, la ecclesiale.
3) Gesù stesso in tribunale davanti ad Anna la pratica con
quella guardia che accanto a lui gli manda una sventola
orribile; non certo per scansare un secondo schiaffo,
ma perché riconosce che nel suo dire non c’è ombra
offensiva verso il Sommo Sacerdote.
Gesù esige il riconoscimento ufficiale che nel suo dire non
c’è nulla di male. Nessuno lo può accusare di peccato.
Dobbiamo o non dobbiamo noi correggere il fratello che
pecca contro di noi? Ecco l’indicazione illuminante:
1) Quando il malvagio che ci fa il male è inserito vitalmente
nella comunità religiosa, come lo era l’ebreo
nella sua, allora la correzione è un dovere per noi che
con lui facciamo famiglia ecclesiale. (Occorre distinguere
tra malvagio e malvagio) Parto con la personale;
se non basta, passo alla testimoniale. Se pure questa è
inefficace passo alla ecclesiale: ‘Dillo all’assemblea’.
Rimasta inascoltata essa pure, sappi allora che sei
davanti a un pagano: uno che si è tirato fuori dalla sua
Chiesa, e che si fissa nel suo pubblico peccare. Più nessuna
correzione da fare, a questo punto.
2) È proprio il caso della legge del taglione corretta. Il
malvagio che mi fa quel male è sicuramente un pagano
e un pubblicano diventato. Correggerlo è inutile e
anche dannoso. Già la parola che corregge ha i suoi
limiti: dà la conoscenza del male, ma senza il tocco
Pneumatico non ha alcuna efficacia. Non basta la parola:
occorre una donazione ben più efficace.
Che io cioè gli faccia dono del mio sacrificale portato fino
all’estremo possibile.
È il mio perdono: gli faccio dono del mio sacrificale che
subisco da lui con una cedevolezza estrema e silenziosa.
Mi fa pena udire parlare dell’apostolato della preghiera,
quando dovremmo parlare dell’apostolato del sacrificale
inimicale.
Proprio quello che Gesù ci domanda: ‘Io invece dico a
voi: non resistete al malvagio’, ma cedete in silenzio:
unica via per donargli la salvezza.

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