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Decimo dono. Dirmi il sacrificale da fare.
Volontà sacrificale: la terrestre mia passiva inimicale sul
bene inerente: l’umana autorità.
La divina Paterna: *) Terza parlata vocale Paterna: Gesù
vuol farsi ascoltare parlante della sua ora sacrificale. Dal
sacrificale vegetale, all’animale, allo pneumatico.

Pneumatica magia quella del Visuato Paterno che tocca il
vecchio fideato e tutto lo rinnova. Tocca la preghiera del
dire egoisticale, ed ecco uscir fuori la preghiera del fare
sacrificale. Ci si accosta pregandolo. Quando pregate, voi
dite: Padre nostro che sei nei cieli. Preghiera sacrificale
questa, da dirci e da fare. Bene appellato e collocato. Bene
augurato e perorato. Bene attualizzato: sia fatta la tua
volontà sacrificale: la celeste e la terrestre. Vuole il sacrificale
suo celeste. Vuole pure il terrestre suo e nostro. Il
nostro attivo e passivo. Il passivo cosmico e inimicale.
Beni componenti, beni aderenti e beni inerenti mi può
sacrificare il nemico. Dalla dignità umana siamo passati
all’autorità umana. Per illuminare l’umana ci siamo rivolti
alla divina. In forma personale di Figlio scende in Gesù.
Il ricorso all’autorità divina Figliale ci ha mostrato in
Gesù un’autorità sacrificale al cui servizio si sono disposte
e la magistrale e la beneficale. Dall’autorità Figliale
siamo passati alla sua sorgente: la Paterna. Vi abbiamo
trovato l’autorità magistrale. Il Padre dice tutto al Figlio
col semplice sentire. Alla persona il Padre parla profeticamente.
Solo tre volte parla vocalmente nei tre anni di vita
pubblica del Figlio, e solo in sua presenza. Nel suo
Battesimo, nella sua Trasfigurazione, al suon dell’ora sua
sacrificale. Siamo al Lunedì Santo. Alcuni proseliti venuti
dalla Grecia a Gerusalemme per la celebrazione della
Pasqua ebraica, abbordano l’apostolo Filippo e da lui si
fanno aiutare per poter vedere Gesù da vicino. Lui si fa
aiutare da Andrea, ed insieme portano a Gesù la richiesta
di quei proseliti. Ottengono una risposta contraria. Gesù
non ambisce farsi vedere (come da indicazione Paterna),
ma solamente all’essere ascoltato. Per questo prende a
parlare dell’ora sua che è giunta: l’ora della sua glorificazione.
Una glorificazione un po’ strana se coincide con la
sua sacrificazione. Anzi la sua glorificazione è il prodotto
diretto della sua sacrificazione. Meglio: è la sua fruttificazione.
Nulla di meglio che illuminare la cosa con segni
profeticali: il sacrificale vegetale. Il seme per fruttificare
deve passare per il suo sacrificale. Muore, ma la sua fruttificazione
è grande. Dal sacrificale vegetale a quello animale.
L’uomo è un animale ragionevole, che per istinto
egoisticale ama la sua vita presente. Chi ama la sua vita la
perde; chi la odia di qui, la eternizza di là. Il passaggio al
sacrificale pneumatico è immediato. Non è di molti, meno
ancora di tutti. È solo di qualcuno. Per servire a Gesù bisogna
seguirlo sulla via del sacrificale, avrà la compagnia
eterna con Lui. E in quella compagnia avrà gli onori del
Padre. Ma quanti lo serviranno, quanti lo seguiranno,
quanti dimoreranno con Lui? Avesse lasciato adito almeno
a un numero indeterminato; invece parla a un numero
sparuto: ‘Se qualcuno…’ per due volte. È il numero sparuto
che lo aggredisce, che tenta di abbattere e demolire la
sua volontà sacrificale. Ne viene un forte turbamento. Lo
supera prontamente volgendosi al Padre. Non ti domanda
certo che Tu mi salvi da quell’ora, ma solamente di glorificare
il tuo nome. Così fortemente sollecitato ecco la
risposta vocale del Padre: ‘Già l’ho glorificato e di nuovo
lo glorificherò’. Quando, come e dove l’ha glorificato?
1) Nel talamo temporale, quando mi sono dato da vivere
al sacrificale in forma personale di Figlio. Nel talamo
di Maria quando il Figlio si è dato da vivere al sacrificale
a quel suo bimbo suscitato dallo Pneuma.
2) La glorificazione nuova sta per scoccare nel sacrificale
di croce. La gente non si sente coinvolta. Per gli uni è il
rumore di un tuono, per gli altri è la parola di un angelo.
Gesù corregge: ‘Non per me è venuta quella voce, ma per
voi’. Il Padre in terra si gloria del suo sacrificale. Solamente
con questo conseguiremo gli onori celesti. Tutto il resto può
fare di noi dei pessimi operatori di iniquità. Non il profetare,
non l’esorcizzare, non il prodigare.

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